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"12 Diritti urbariali"
1849

ARCHIVIO STORICO COMUNALE
BEDOLLO

 


 

 

Trascritto da Nevio Casagranda
2021

La Magnifica Comunità di Piné diede in uso ad alcuni richiedenti dei terreni, prati, campi e vigneti siti in varie località. Al Comune di Sevignano l’utilizzo dell’acqua nel monte Ciramont.

        Per sette “Realità” (oggi diremmo “concessioni”), "l'Utilista" (cioè il “beneficiario” dei beni) pagava l'affitto annuale distribuendo pane o vino "alla processione delle Rogazioni", in due casi pagava in denaro e in tre col mantenimento di strade e ponti.

 

Dall’Archivio storico del Comune di Bedollo - Carteggio ed Atti 21 – 1883/179.

"Orsi a Bedollo"
1896

ARCHIVIO COMUNALE
BEDOLLO

 

 

Trascritto da Nevio Casagranda
2020

        A fine marzo ed inizio aprile del 2020, l’orso M49 si aggirava affamato in cerca di cibo su per Sprugio, Stramaiol, Pontara e Cambroncói dove sfondò porte e finestre, ma fortunatamente senza danni diretti a persone.

Ciò mi fece ricordare di aver letto del passaggio per Bedollo di un orso ben più aggressivo, nel maggio del 1896, quando il Capocomune Matteo Toniolli inviò al Capitanato Distrettuale di Trento il seguente documento che ho cercato di trascrivere fedelmente per maggior comodità di lettura.

 

La minuta è nell’Archivio storico del Comune di Bedollo - Carteggio ed Atti 35 – 1896/29.

La fotografia principale ritrae Casagranda Domenica in Andreatta con i suoi famigliari, mentre l’altra è un primo piano che testimonia le conseguenze  sul volto dell’aggressione dell’orso.

Domenica è la bisnonna dei fratelli Tullio, Domenico, Mario, Raffaella, Antonietta, Mariagrazia e Valentina Dallapiccola che discendono dalla figlia Pasqua.

L'appellativo Sbrasöla, aggiunto a mano sullo Stato famiglia, era un soprannome dato a Domenica Casagranda di Bedollo, la quale portava impresse anche sul viso le cicatrici delle ferite permanenti dell'orso.

È un termine dialettale derivato  dal participio passato di abradere, abraso, da cui anche abrasivo.

La parte finale è in forma di vezzeggiativo e addolcisce il nomignolo con una nota di benevolenza, compassione e vicinanza da parte dei compaesani

Fotografie fornite per gentile concessione dagli attuali discendenti, in particolare la signora Manuela Dallapiccola, che si ringrazia.

"Luoghi d'isolamento"
1899

Nel corso del tempo le cose si ripetono. Anche in passato si cercò di limitare i danni derivanti dalle epidemie con quarantene ed isolamento delle persone. Così avvenne nel luglio del 1899, anche nel Comune di Bedollo, dove appunto furono predisposti “luoghi d’isolamento”. Ciò in ottemperanza al decreto n. 9707 dell’Imperial Regio Capitanato Distrettuale di Trento.

 

Dall’Archivio storico del Comune di Bedollo - Carteggio ed Atti 38 – 1899/22.

ARCHIVIO COMUNALE
BEDOLLO

 

 

Trascritto da Nevio Casagranda
2021

"Il migrante"
1851

ARCHIVIO BASELGA DI PINE'
 

 

Trascritto da Maria Teresa Tommasi
2023

Riguardo all’argomento, mia sorella Francesca, che ha una "memoria de fèr e po' encialàda" mi ha ricordato che la nostra zia Angela raccontava la storia del nonno della nostra nonna Gigiòta, Vigilio Franceschi. 

Erano anni poverissimi e Vigilio non riusciva a sfamare la sua famiglia con tanti figli. Perciò era partito, a piedi, per raggiungere il Banato in cerca di un lavoro, poiché qui mancava e lavorare la campagna non era sufficiente. Dopo diversi anni, non si sapeva quanti, era tornato da quella terra lontana che si trova nell’attuale Ucraina, un lungo viaggio a piedi come all’andata, ma ora con un aspetto molto invecchiato, coi capelli non più neri, ma bianchi e lunghi e una barba bianca e lunghissima, sporco e stracciato. 

Nel “cortìo” davanti alla sua casa (il cortile fra le case dietro la fontana della piazza del paese) alcuni bambini stavano giocando con la terra e alla vista del forestiero si spaventarono e stavano per scappare verso casa. “Non mi conoscete? … Voi siete figli della Catina del Vigilio?”  Alcuni assentirono. “Ebbene, io sono vostro padre.”

A risentire il racconto, il ricordo è affiorato anche a me e a mio fratello Antonio e mi è stato confermato anche da mia cugina Aurea di 94 anni, che al solo menzionare l’inizio della vicenda ha commentato: “Era tornato dal Banato.”  

Mentre anni fa cercavo di ricostruire qualche albero genealogico considerando le donne delle mie radici, avevo trovato in questa famiglia un vuoto di nascite dal 1851 al 1857, senza capire come mai. 

Ora consultando gli archivi storici ho potuto capire, connettere e avere conferme delle cose sentite, soprattutto da madri, nonne, zie, almeno nella mia casa.

Sembra incredibile che racconti di famiglia, tramandati a voce fino ad ora, arrivino intatti da tempo lontano, quelli però erano tempi in cui si ascoltava e si trascrivevano dentro la mente gli episodi particolari, specialmente quelli legati alla famiglia.

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